Olivo: a confronto i conti
di quattro forme di allevamento

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Lug 5, 2023 | News

L’analisi della redditività di quattro diverse forme di impianto (tradizionale, intensivo, ad alta densità non dop e ad alta densità dop) dimostra la convenienza degli oliveti più moderni. Gli schemi di impianto e l’ottimizzazione delle tecniche sono fattori decisivi

I sistemi olivicoli analizzati

I quattro modelli olivicoli sono stati analizzati dal punto di vista economico:

  • tradizionale;
  • intensivo;
  • ad alta densità, suddiviso in due tipologie:
    – con cultivar internazionali (Arbequina);
    – con cultivar locali per la produzione di olio di oliva dop.

Per tutti i quattro sistemi olivicoli, l’analisi ha considerato una gestione razionale dell’oliveto:

  • il livello di meccanizzazione delle operazioni colturali è quello massimo consentito dal sistema olivicolo analizzato;
  • le rese sono pari ai valori medi ottenibili con un’oculata gestione dell’impianto;
  • il prezzo di vendita delle olive dop è quello medio, così come i pagamenti diretti e indiretti della Pac, senza i quali i redditi sarebbero negativi o di poco positivi, anche con un prezzo di vendita elevato come quello delle olive dop.

Quando alcuni esperti del settore affermano che l’olivicoltura italiana è «morta» non hanno tutti i torti. Infatti, secondo i dati Istat, la produzione media di oliva in Umbria è di circa 3 t/ha e solo il 27% delle olive, quindi neanche un terzo, raggiunge prezzi di vendita medio-elevati.

Inoltre, anche il livello di meccanizzazione degli impianti, nella maggior parte delle aziende agrarie, ancora non raggiunge livelli adeguati. Pertanto, occorre massimizzare la produzione media e il prezzo di vendita delle olive, attraverso la certificazione, e ridurre al minimo i tempi di esecuzione della raccolta e della potatura, che sono i maggiori costi colturali.

Ricavi e prezzi

Alcune considerazioni vanno fatte in merito ai ricavi. Nella fase di piena produttività, i ricavi della vendita delle olive sono:

  • nel caso dell’alta densità dop Umbria e intensivo pari a 4.984 euro/ha all’anno;
  • nel sistema ad alta densità di Arbequina pari a 4.754 euro/ha all’anno;
  • nel sistema tradizionale pari a 4.000 euro/ha all’anno.

Ciò conferma che il prezzo di vendita delle olive è una variabile importantissima e discriminante la redditività.

Nel caso della produzione di olive 100% italiane non certificate, con un prezzo di vendita minore di 300 euro/t, è necessario ridurre al minimo i costi e massimizzare la produzione per avere un reddito positivo.

Il prezzo minimo di vendita per un pareggio (ricavi = costi) è di 710 euro/t nel tradizionale, 625 euro/t nell’intensivo, 370 euro/ t nell’alta densità di Arbequina e 560 euro/t nell’alta densità dop.

La resa in olive per avere il pareggio economico è di 6,5 t per il sistema olivicolo di alta densità di Arbequina, pari a 2,1 t/ha all’anno in meno, rispetto alla produzione media ipotizzata. Nell’alta densità dop, il reddito si azzera con una riduzione della produzione di 1,5 t/ha, nell’intensivo di 1,7 t/ha e nel tradizionale di 0,6 t/ha; quindi quest’ultimo è il modello olivicolo che sopporta peggio un calo della produzione media.

Costi

Il costo annuo per ettaro maggiore si rileva nel sistema tradizionale, in cui il 60% dei costi totali annui è rappresentato dalla manodopera (in confronto al 31% dell’intensivo).

Nel caso dei due sistemi ad alta densità, la manodopera rappresenta il 13% del costo totale, invece con le cultivar della dop Umbria è il 18%, a causa della maggior vigoria delle piante, da tenere sotto controllo con maggiori interventi di potatura.

Il costo per le operazioni colturali è del 21% nel sistema tradizionale, del 49% nell’intensivo (raccolta contoterzi compresa), del 48% nell’alta densità Arbequina e del 50% nell’alta densità dop. In questi ultimi due casi le operazioni colturali rappresentano la metà dei costi totali annui, vista l’elevata meccanizzazione.

Il lavoro tecnico e organizzativo e l’assicurazione hanno un’incidenza che va dal 12 al 15%, mentre le materie prime hanno un peso nel sistema tradizionale e nell’intensivo del 7-8%, e nell’alta densità del 16-17%, visto anche il superiore utilizzo di antiparassitari e di concime idrosolubile.

La potatura e la raccolta rappresentano il punto debole dell’olivicoltura tradizionale, data la grande quantità di manodopera necessaria. Il costo medio della raccolta nell’oliveto tradizionale è di 0,25 euro/kg, nell’intensivo 0,21 euro/kg, ipotizzando l’operazione effettuata con contoterzisti, mentre con vibratore in proprio e operai aziendali il costo è di 0,13 euro/kg; nell’alta densità di Arbequina è di 0,05 euro/kg; nel caso dell’alta densità dop è di 0,07 euro/kg.

Questi valori naturalmente variano secondo le produzioni, le tariffe e le ore necessarie per effettuare la raccolta. Per le operazioni di potatura, andanatura e trinciatura dei residui, il costo dell’operazione per pianta ammonta a 4,56 euro/olivo nel sistema tradizionale, 3,44 euro/olivo nell’intensivo, 0,44 euro/olivo nell’Arbequina e 0,67 euro/olivo nell’alta densità dop.

Nonostante tali importi siano influenzati dal numero di piante a ettaro, nell’alta densità si riscontra una diminuzione dei costi di manodopera relativi alla potatura di circa il 50% rispetto al tradizionale e all’intensivo.

L’olivicoltura tradizionale ha redditività bassa, circa 450 euro/ha all’anno, rispetto all’olivicoltura intensiva e ai sistemi ad alta densità, i quali presentano una redditività intorno a 1.000 euro/ha all’anno.


Tratto dall’articolo pubblicato su L’Informatore Agrario n. 37/2017
“Olivo: a confronto i conti di quattro forme di allevamento”
di Angelo Frascarelli e Giacomo Italiani
Dipartimento di scienze agrarie, alimentari e ambientali – Univesità di Perugia

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